I mille colori dei Coldplay tra alti e bassi.

Nel lontano 2001 un mio amico tornò da una vacanza in Inghilterra portandoci, direttamente da Londra, qualche novità musicale. Tra di esse c’era il CD di un gruppo che in Italia ancora non si era mai sentito, un gruppo che nasceva sul finire dell’era del Britpop ma che aveva la sua originalità nei testi molto intimi e in una sonorità “asciutta” e prevalentemente acustica basata su di un grande uso di pianoforte e chitarre. Tutto per accompagnare la voce particolare del cantante alto, secco e con una leggera aria da sfigato. Il Cd era Parachutes e loro erano i Coldplay.

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Io, chiaramente, me ne innamorai subito e divenni una fan devota. Ho consumato A Rush of Blood to the Head (e già dal titolo si capiva che sarebbe stato un grande album di Alternative Rock) e il seguente X&Y.

Questi primi tre album contengono quelle che, per me, sono le canzoni più belle dei Coldplay come Yellow, Trouble, Don’t Panic, Clocks, The Scientis, Talk, The Hardest Part, In My Place, Fix You…tutte, di questi primi tre album mi piacciono tutti i pezzi.

Poi, boh, sarà stato il matrimonio di Chris Martin (che nel frattempo è diventato un sex symbol) con Gwyneth Paltrow, sarà stata la frequentazione della gente di Hollywood, sarà stato il troppo successo o la paura di rimanere per sempre bloccati nell’etichetta di “eredi dei Radiohead” – come li avevano definiti i critici dopo i primi album e, per inciso, etichetta che schifo proprio non fa – fatto sta che divennero incredibilmente Pop.

Non che ci sia qualcosa di male ad essere incredibilmente pop, è solo un cambiamento di genere e (forse) di tipo di ascoltatore, ma a me piacevano le sonorità rock dei primi album e, all’arrivo dei duetti con Rihanna, li ho un po’ persi per strada.

Detto ciò, ho sempre sentito meraviglie sui loro concerti ed ho sempre desiderato vederli dal vivo per una volta e così, il 3 luglio, ho sconfitto finalmente la mia “maledizione dei Coldplay”.

Si perché sia nel 2005 che nel 2008, i Coldplay hanno suonato a Bologna ed io ero lì, pronta e allegra con il mio biglietto in mano, salvo poi non esserci potuta andare per una serie di complicate sfighe incrociate.

Capirete come questa volta, all’annuncio del tour, io per scaramanzia non abbia voluto sapere nulla sull’acquisto biglietti che, incredibilmente, le mie amiche, con una inaspettata botta di cul…ehm…fortuna, sono riuscite a portare a termine.

Sempre per scaramanzia – e per non tirarmi addosso l’odio e le maledizioni di chi invece non è riuscito a comprare i biglietti, ricordo che da questo concerto è partito lo scandalo del Secondary Ticketing, ovvero il bagarinaggio on line – non ho detto a nessuno che sarei andata a Milano, fino a questo lunedì quando io, Alice in Wonderland, il Napoletano di Napoli e la Milanese d’Abruzzo ci siamo avviati verso San Siro.

Si, lo so che questi pseudonimi fanno molto “gang eroinomane da Trainspotting” ma non posso rivelare l’identità dei miei accompagnatori, sono stata redarguita…soprattutto dal Napoletano di Napoli per il quale, alla veneranda età di 30 anni e oltre, questo è stato il primo concerto nella vita…cosa per cui l’ho perculato mezza serata.

Viste le indicazioni per la sicurezza:

https://endofacentury.it/2017/07/02/coldplay-informazioni-e-misure-di-sicurezza-per-i-concerti-del-3-e-4-luglio-allo-stadio-san-siro-di-milano/

e dopo una giornata intera in cui io, Alice e la Milanese non abbiamo fatto altro che scambiarci su WhatsApp informazioni su dove poter recuperare un marsupio…oggetto desueto almeno dal 1990, arriviamo a San Siro con un leggero stato di ansia addosso: “oddio la mia borsetta è troppo grande, supera di mezzo centimetro le dimensioni di un foglio A 4! Oddio ho le lacrime artificiali…se me le fanno buttare non ci vedrò più! Ma se ho le albicocche me le faranno entrare o il nocciolo può essere definito come oggetto contundente?”. Ho lasciato a casa anche gli occhiali da sole per paura che la custodia fosse troppo ingombrante, con il risultato che ora ho il contorno occhi pieno di rughe di espressione.

Conclusione: il controllo è durato due minuti.

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Alle 21:30 risuona nello Stadio la voce di Maria Callas sulle note di “O mio babbino caro” di Puccini (ma non no capito bene il nesso) e poi parte il conto alla rovescia e 3 – 2 – 1….ehhhhhhh fuochi d’artificio e coriandoli ed ecco che sul palco ci sono Chris e soci per una A Head Full Of Dreams scoppiettante…nel vero senso della parola dato che sulle ultime note sono partiti anche i fuochi d’artificio.

Il resto del concerto è stato un caleidoscopio di paillettes, cannoni spara coriandoli, fuochi d’artificio, palloni gonfiabili tra la folla e luci colorate che partivano dai braccialetti elettronici che ci sono stati consegnati all’ingresso e che, a seconda del pezzo cantato, cambiavano colore per creare una scenografia che coinvolgeva tutte le circa 60.000 persone presenti.

Tutto molto allegro, Chris Martin saltava e correva come un matto tra il palco e il lunghissimo stage che arrivava oltre metà parterre.

I Coldplay hanno messo su uno spettacolo dal grande impatto visivo che sicuramente ha reso felici i fan ma che, ho il sospetto, abbia anche un po’ contribuito a nascondere il fatto che Chris, mi dispiace dirlo (e qui mi attirerò le inimicizie di molti, lo so…) a voce e fiato non è messo benissimo.

Spesso mi è sembrato in debito di ossigeno e meno male che, se non cantava lui, ci pensavano gli spettatori che sanno a memoria ogni parola di ogni canzone.

Il meglio di sè, secondo me, l’ha dato nei momenti più intimi, come quando da solo al piano ha suonato Everglow

o In My Place seguita da Don’t Look Back In Anger solo voce, chitarra, basso e tastiere

O Clocks

Insomma, nelle canzoni in cui non saltava aveva una bella voce, altrimenti stovana un pochettino, cosa non ideale per un frontman che ha fatto della presenza scenica un punto di forza. Chris la prossima volta meno corse e più voce, grazie.

In chiusura U&Up e…sorpresa!!! C’erano i figli in carne ed ossa a fare i coretti…una allegra riunione di famiglia!

L’esperienza del concerto Coldplay è stata divertente, è una cosa che desideravo da tempo e ci sono riuscita, ma non so se tornerei a vederli dal vivo (almeno non nel breve termine).

Cosa mi è piaciuto:

– Il fatto che, già dentro Charlie Brown, Chris abbia stoppato la canzone chiedendo a tutti di non fare riprese e di mettere via i telefonini: “Fatemi un favore: per una sola canzone niente telefoni. Niente telefonini, solo noi 4 e le migliaia che siete voi a saltare assieme». Incredibilmente ha funzionato e devo dire che è anche stato bello soddisfare una richiesta che di per sé è molto semplice ma che, ai giorni nostri, si rivela un vero e proprio atto di coraggio.

– La presa di coscienza del gruppo di quanto sbattimento implica andare ad un concerto in Italia. Ad un certo punto della serata ci ringraziano: “Grazie per aver sopportato il traffico per venire qui, i prezzi dei biglietti elevati, i drink carissimi». Magari per il traffico e i drink carissimi non ci possono fare nulla però sui prezzi dei biglietti forse una buona parola ce la possono mettere.

Cosa non mi è piaciuto:

– La richiesta di matrimonio. Dopo Fedez e Chiara Ferragni all’Arena di Verona, dopo richieste analoghe al concerto di Pearl Jam e Foo Fighters, anche ai Coldplay si è ripetuta sta manfrina.

Foto da Fecabook Coldplay Italia
foto dalla pagina Fb Coldplay Italia

Ora, non è per cinismo o cattiveria ma anche basta, non è più una bella idea. Ora è diventato originale fare la proposta di matrimonio in pizzeria!

In questo link ci sono molte belle foto del concerto.

http://www.ilpost.it/2017/07/05/coldplay-foto-video-sansiro-milano/#steps_13

E questa invece è la scaletta.

A Head Full of Dreams
Yellow
Every Teardrop Is a Waterfall
The Scientist
God Put a Smile Upon Your Face
Paradise
Always in My Head
Magic
Everglow
Clocks
Midnight
Charlie Brown
Hymn for the Weekend
Fix You
Viva la Vida
Adventure of a Lifetime
In my place/Don’t look back in anger
Don’t Panic
Us Against the World
Something Just Like This
A Sky Full of Stars
Up&Up

4 pensieri riguardo “I mille colori dei Coldplay tra alti e bassi.

      1. eh forse quel disco lo viviamo diversamente. comunque sono contento che abbiano fatto don’t look back in anger. vedo che in scaletta gli manca sempre trouble, cazzoni!

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